Terapia del dolore

Terapia del dolore cronico e persistente

Un percorso di trattamento specifico ed esclusivo

Ho dedicato anni del mio tempo libero per studiare ed approfondire questo argomento, per dare una soluzione più accurata ai pazienti, che richiedono aiuto.
Se soffre di dolore persistente o cronico, qui può trovare una spiegazione utile a comprendere perché il suo dolore non passa e perché pur facendo terapie specifiche, non ha ancora risolto. L’aver trascurato la tipologia del dolore di cui soffre e l’aver avuto unicamente terapie mirate al tessuto (muscoli, tendini, schiena, ecc..), come per esempio tecar o laser o qualsiasi tipologia di terapia fisica o passiva, sono una combinazione di fattori che nel tempo possono addirittura contribuire al prolungamento del problema.

In passato si è sempre suddiviso il dolore in tre categorie (acuto, sub acuto e cronico), attribuendo sempre un significato patologico e infiammatorio al dolore riferito dal paziente. Negli anni questa nomenclatura non è riuscita a dare una risposta concreta ai bisogni dei pazienti, per avere una adeguata diagnosi e una terapia specifica, per contrastare il dolore e ripristinare la funzionalità. Infatti, attualmente la più recente definizione del dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata a un danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”. Il danno tissulare, quindi, non è più la costante presente quando una persona prova dolore.
Ad ora noi sappiamo che il dolore può essere fisiologico, quando è una naturale risposta ad un danno tessutale, essendo caratterizzato da un profilo temporale corrispondente alla durata dell’evento infiammatorio, e patologico, quando non è riferito ad un evento infiammatorio acuto e la sua durata supera i tre mesi (fatta eccezione per il tessuto neurologico).

Distinguiamo nel dolore fisiologico il dolore nocicettivo e infiammatorio.

Dolore nocicettivo

Si definisce nocicettivo il dolore, che deriva da un danno reale o di minaccia al tessuto, escluso quello neurologico, ed è dovuto dall’attivazione dei nocicettori. Ciò che crea dolore è una intensa stimolazione dei nocicettori (come ad esempio una forte digitopressione), presenti sia a livello somatico che viscerale. Tuttavia questi nocicettori non sono sensori che rilevano il dolore o che producono segnali dolorosi. Essi sono delle terminazioni nervose libere, sensibili a stimoli termici, meccanici, chimici che in relazione allo stimolo e al superamento di determinate soglie, trasducono un segnale in entrata, in un potenziale d’azione lungo il nervo.
Questo impulso viaggia all’interno di fibre A-delta e/o C, con informazioni dirette al Sistema Nervoso Centrale (SNC). In questa fase fisiologica, non si può ancora parlare di dolore, infatti, l’attività nocicettiva non corrisponde obbligatoriamente alla percezione di dolore. Viceversa, si può percepire dolore, anche in assenza di nocicezione. Esulando in questa spiegazione tutti i meccanismi di modulazione e inibizione, che subiscono questi segnali durante tutto il percorso per arrivare al cervello, una volta arrivato al lì, essi verranno elaborati ed interpretati e, solo allora, potrà avvenire quella fase finale denominata percezione, in cui saranno prodotte spiacevoli esperienze con differenti componenti percettive e reazioni difensive e/o affettive.
Le caratteristiche cliniche del dolore nocicettivo somatico sono:

  • Dolore acuto e intermittente che aumenta con dei movimenti in una direzione provocativa, con sintomi tipo fitta o sensazione tagliente
  • Dolore alla digitopressione
  • Una correlazione e proporzione tra stimolo e risposta in termini di dolore
  • La localizzazione precisa con eventuali dolori riferiti coerenti
  • Possono esserci segni infiammatori, ma non rappresenta la principale causa
  • Buona risposta ad analgesici semplici e ad antinfiammatori
  • Possono esserci movimenti o posizioni allevianti
La terapia è mirata al tessuto per ridurre l’irritazione dei nocicettori e ristabilire più velocemente la mobilità e la funzione del tessuto, attraverso la terapia manuale e l’esercizio terapeutico.
Dolore infiammatorio

Il dolore infiammatorio ha molte caratteristiche in comune con il nocicettivo, la differenza è nel principio biochimico della flogosi, presente quasi esclusivamente in questa tipologia.

Dunque troviamo:

  • Dolore riferito non in un punto preciso, ma in una grande area
  • Dolore che migliora con il movimento e peggiore con il riposo
  • Lunga persistenza temporale del dolore
  • Ottima risposta ad antinfiammatori
  • Iperalgesia, ovvero una forte risposta dolorifica ad uno stimolo irritativo

La terapia più efficace oltre alla cura farmacologica, se indicata dal medico di medicina generale o dallo specialista, è la educazione sul tipo di tempistiche di guarigione del tessuto colpito, terapia manuale, terapia fisica ( unicamente nella fase acuta) e riabilitazione motoria.

Bisogna considerare che tutte queste caratteristiche soprascritte, possono variare in base all’età, al genere, alla cultura e al contesto. Tuttavia considerare che sia quello nocicettivo che quello infiammatorio siano l’unica causa del dolore o associarli ad una causa effetto è un errore. Infatti il dolore può esserci anche in assenza di stimoli nocicettivi e infiammatori, e, viceversa, la loro presenza stessa non causa obbligatoriamente dolore. Infatti ci si può infortunare anche senza provare dolore o si possono possono provare forti sensazioni di dolore, anche in assenza di uno stimolo nocicettivo o infiammatorio ( es. provare un forte dolore al dente, ancor prima che il dentista lo tocchi con il trapano oppure il pensiero stesso che un eventuale fenomeno possa in qualche modo farci del male, ecc..).

 

Sensibilizzazione centrale e periferica

Nel dolore para-fisiologico troviamo il dolore da sensibilizzazione centrale e periferica.
La sensibilizzazione centrale, quando riguarda i neuroni di secondo ordine, e periferica, quelli di primo ordine, è un meccanismo fisiologico utilizzato dal nostro sistema nervoso centrale per permettere la protezione di una zona lesionata del nostro corpo. È da considerarsi fisiologico, quando la presenza di suddetta sensibilizzazione permane per tutta la durata di un evento patologico, per poi regredire al suo cessare. La persistenza della sensibilizzazione, invece è una metà strada tra la fisiologia e la patologia in quanto è “la porta di entrata” al dolore cronico\persistente.
Si caratterizza come aumento della reattività dei neuroni nocicettivi del sistema nervoso centrale al loro invio di informazioni verso esso, normale o sotto soglia. Per la persistenza di stimoli nocicettivi intensi, duraturi e ripetuti, il neurone centrale può rimanere sensibilizzato anche dopo la cessazione dello stimolo, che l’ha attivato. La sensibilizzazione delle fibre è responsabile di una serie di manifestazioni quali iperalgesia secondaria (aumentata risposta a stimoli dolorosi al di fuori della zona di lesione o infiammazione) e allodinia (aumentata risposta a stimoli normalmente non dolorosi anche al di fuori della zona di lesione o infiammazione).

Il quadro clinico è:

  • Dolore discontinuo e non prevedibile
  • Mancanza di coerenza tra stimolo e risposta
  • La mancanza di proporzionalità tra dolore e natura ed entità della lesione
  • Distribuzione del dolore non coerente con la distribuzione anatomica dei nervi, ovvero dolore diffuso e poco localizzabile
  • Descrizione di un dolore che cammina, ovvero si distribuisce in zone anatomiche diverse
  • Irritabilità, ovvero persistenza del dolore anche a distanza di tempo dal movimento o atto funzionale che lo ha “causato”
  • After sensation, ovvero la percezione di sentire la parte del corpo diversa o strana a seguito del dolore o di movimenti
  • Varie disestesie, ovvero alterazioni della sensazione tattile e dolorifica
  • Iperalgesia, ovvero una forte risposta dolorifica ad uno stimolo irritativo
  • persensibilità alla luce, suoni, odori, tatto, alla sensazione di freddo e caldo
  • Inefficacia degli antinfiammatori
  • La confusione tra i reperti clinici e strumentali che danno esiti diversi
  • Intorpidimento
  • Debolezza muscolare
  • Deficit dell’attenzione
  • Disturbi del sonno
  • Paura al movimento
  • Pensieri catastrofici del proprio quadro di salute

In questo caso siamo di fronte ad un problema, nel quale la causa scatenante al livello del tessuto è cessata da diverso tempo, ma persiste, invece, la risposta di protezione. Dunque la causa della persistenza del dolore in realtà è da ricercarsi nella modalità in cui esperienza dolorosa è processata. La sensibilizzazione centrale varia tanto da persona a persona e può assumere diverse forme di quadri sintomatologici come la fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile, cefalea tensiva, disturbi temporomandibolari, sindrome delle gambe senza riposo, sindrome da stanchezza cronica, cistite interstiziale, artrite reumatoide (come presenza del dolore, nonostante il paziente sia in fase remissiva dell’infiammazione), osteoartrosi e la sindrome regionale complessa.

La terapia indicata nella sensibilizzazione centrale è basata sulla educazione del problema, valutando i fattori che possono aumentare l’esperienza del dolore, esercizio terapeutico, allenamento della forza e terapia manuale. Spesso risulta utile associare al percorso fisioterapico una consulenza psicologica per lavorare sugli aspetti comportamentali ed emotivi del dolore.

Nel dolore patologico troviamo quello neuropatico, misto, nociplastico e psicogeno.

Il neuropatico è definita come dolore causato da una lesione o malattia del sistema nervoso somatosensoriale. Il coinvolgimento del sistema nervoso, può riguardare sia quello periferico, come per esempio problematiche legate all’herpes (fuoco di Sant’Antonio), polineuropatie (metaboliche, da farmaci, tossiche ecc.) o lesioni proprie dei nervi periferici, che quello centrale, come ictus, sclerosi multipla, traumi cranici e midollari e tumori.
Per definire la presenza del dolore neuropatico, l’esame clinico è di fondamentale importanza, infatti, ogni tipo di dolore non esclude la presenza di un altro. L’esame fisico sarà il più appropriato per identificare il dolore neuropatico e avverrà tramite l’esame neurologico che comprende: esame della sensibilità, pinprick test, esame della vibrazione e test caldo-freddo (valutazione ad ampio spettro delle fibre A-Beta, A-Delta e C), esame della forza e riflessi.
Il quadro clinico è:

  • Dolore riferito come sintomi sono elettrici, lancinanti, improvvisi
  • Spesso correlato con deficit di sensibilità
  • Ipersensibilità e allodinia, ovvero dolore in seguito a stimoli dolci e leggeri
  • Irradiazione del dolore a distanza
  • Segni neurologici e spesso ci sono segni autonomici

Nel caso specifico delle problematiche che possono colpite la schiena e la radice dei nervi periferici, bisogna distinguere se in una radicolopatia abbiamo un dolore radicolare (nocicettivo) o un dolore neuropatico: nel secondo caso oltre all’esame neurologico positivo, con molta probabilità avremo una condizione di iperalgesia e/o allodinia.
Nel primo, invece è presente il dolore neurogenico, che nonostante riguardi il sistema nervoso periferico, non rientra nel dolore neuropatico, poiché non è presente una vera e propria lesione. Infatti si attiva la nocicezione mediata dalle fibre che innervano i nervi, i nerva nervorum. Quindi in presenza di una compressione del nervo, è probabile che si inneschi un dolore sia nocicettivo (neurogenico) che, nel caso in cui si dovesse causare una lesione al nervo stesso, neuropatico, con sintomi misti, definendo dunque il dolore misto.

Il dolore nociplastico è definita come dolore che deriva dalla nocicezione alterata, nonostante non vi siano chiare prove di danno tissutale reale o potenziale, che causi l’attivazione di nocicettori periferici, o evidenza di malattia o lesione del sistema somatosensoriale come causa scatenante del dolore. Quindi il quadro clinico tipico è la presenza di algia mista, in una o più regioni del corpo senza una evidenza di un quadro infiammatorio, nocicettivo in anamnesi o in atto.

Il dolore psicogeno è definito in letteratura come disturbo algico. A differenza dei precedenti non presenta un quadro clinico chiaro, ma molto variegato dove nella componente bio-psico-sociale del dolore la parte psichica è prevalente. Infatti le caratteristiche che troviamo in questo caso, oltre a quelle cliniche, sono che il paziente ha difficoltà nella socializzazione e presenta disturbi della sfera sessuale, turbe psichiche e tendenza all’abuso o dipendenza da analgesici.

Da un punto di vista clinico ci sono:

  • Accertamenti diagnostici negativi o sproporzione tra la patologia presente e il quadro clinico
  • Riferisce dolore comparso improvvisamente e che aumenta col tempo
  • Disturbi sensitivi e motori non corrispondenti alla porzione anatomica e disabilità sproporzionata all’esame obiettivo
  • Dolore è costante, non si modifica col tempo né con la postura o il movimento e la terapia analgesica sembra avere solo effetto transitorio

Inoltre riporta:

  • Il riferimento di un conoscente o di un parente con sintomi simili ai suoi
  • Riporta una serie di tentativi terapeutici infruttuosi, la ricerca di una terapia alternativa o danni derivanti da terapie improprie (anche se convenzionali e di dimostrata efficacia)
  • Storie di abusi infantili o anche in età adulta
  • Precedenti condizioni cliniche instabili di dubbia natura

Comportamenti nel dolore psicogeno:

  • Il paziente è convinto di avere una patologia organica
  • Rifiuto della possibile componente psicologica o psichiatrica nella clinica
  • Scarsa motivazione alla vita sociale, al lavoro e ai rapporti interpersonali
  • Una ossessiva ricerca dello specialista migliore, che possa finalmente capire e risolvere il suo problema, con raccolta spropositata di documentazione, che possa dimostrare in qualche modo l’incapacità del precedente professionista
  • Omissione degli eventuali documenti che possano attestare un coinvolgimento psichico
  • Intensa emotività e coinvolgimento nella descrizione dei sintomi e della disabilità correlata, atteggiamento difensivo, di rabbia e critico
  • Incongruenza tra stima del dolore e oggettività clinica

Ovviamente in quest’ultimo caso, la cura e gestione del problema è di competenza psichiatrica e psicoterapeutica, ma il lavoro in equipe con un fisioterapista, per ridare sicurezza e rieducare il movimento è una ottima strategia per la gestione e cura di questo tipologia di disturbo.

Come visto la questione dolore è una tematica importante in sanità e servono professionisti qualificati per l’erogazione di un trattamento di qualità. La ricerca scientifica dimostra quanto sia importante la valutazione della tipologia di dolore e di quanto la cura fisioterapica, basata sull’educazione, terapia manuale e soprattutto esercizio terapeutico sia una terapia primaria, insieme ad una attenta valutazione medica ed una appropriata cura farmacologica (lì dove necessaria) per risolvere il problema dolore. Da sottolineare che le cure passive come terapie fisiche e massaggi, in tutte queste tipologie di problematiche (tranne in quello infiammatorio e unicamente nella fase acuta), non risultano efficaci nella gestione e risoluzione del problema.
Se riscontra tra i suoi sintomi una o più caratteristiche sopraelencate, la visita del Dott. Ft. Federico Aquila e il successivo percorso terapeutico è la soluzione idonea ed adatta alle sue esigenze.